Gay & Bisex
UN NERD IN CURA DALLO PSICOLOGO
di Foro_Romano
31.07.2020 |
20.702 |
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"La nerchia, rigida, venosa e lucida di saliva, gli è tolta di colpo..."
“Allora, ditemi, quale è il problema?”. La signora è molto preoccupata, è evidente. E’ più veloce del marito a rispondere. “Il nostro bambino… Nostro figlio… abbiamo paura che abbia qualche problema”.
“Perché dite questo?”.
“Ecco, dottore… Se ne sta sempre chiuso in casa…”
“Sempre davanti al suo computer”, aggiunge il marito.
“Ecco, appunto. Crediamo che abbia un problema di dipendenza”.
“Quanti anni ha, vostro figlio?”.
“Diciotto appena compiuti”.
“Beh, allora, non è più un bambino. E’ grande abbastanza per fare le sue scelte”.
“Si, certo, lo sappiamo ma alla sua età pensiamo che sia più normale se uscisse con gli amici”.
Lo psicologo non riesce a trattenere un sorriso. “Ci sono genitori che si lamentano dei figli perché non stanno mai a casa e si preoccupano perché non sanno che fa e chi frequenta. Invece voi fate il contrario. Ma avete ragione. Ma per quale motivo non esce? Lo sapete?”.
“Non riusciamo a capirlo. Non ha amici…”
“Ma è andato a scuola, immagino, e coi suoi compagni di classe?”.
“Niente. Qualcuno di loro voleva diventare suo amico, lo abbiamo visto, ma lui è stato sempre scostante e, finita la scuola, ha tagliato i ponti con tutti. Non ha amici, non ha una fidanzata”.
“Infatti, abbiamo anche paura che abbia una certa tendenza… Non so se mi spiego. Ha qualche atteggiamento che sembra equivoco”.
“Beh quello potrebbe derivare semplicemente dall’adolescenza e non essere indicativo di alcunché. E non va all’università?”.
“No, non vuole. Ma non è mica stupido, sah? Ha sempre avuto ottimi voti. Preso il diploma ha frequentato un corso di programmatore e adesso sta sempre e solo col computer”.
“Giorno e notte”, aggiunge lui.
“Dottore, ci parli. Veda se può fare qualcosa per svegliarlo. Ci aiuti”.
“Si, certo, ma il ragazzo deve essere d’accordo. Deve avere un minimo di buona volontà”.
“Certo. Gliene abbiamo parlato e, alla fine, è stato d’accordo”.
“Alla fine? Dunque, mi sembra di capire che non ne è molto convinto”.
“Beh, non proprio, perché dice che lui sta bene così… che non ha bisogno di aiuto”.
“Ok, ci parlerò e vi farò sapere se posso fare qualcosa. Adesso, uscendo, la mia segretaria vi darà un appuntamento. Fatelo venire, ma voi non accompagnatelo. Non dovete farvi vedere apprensivi e non dovete obbligarlo. Deve sentirsi libero di decidere da solo. Vi telefonerò dopo e saprò dirvi”.
“Si, certo, ha ragione. Grazie, dottore. A risentirci”.
Pochi giorni dopo, la segretaria gli annuncia l’arrivo del ragazzo. “Fallo pure entrare”. Quando lo vede, ne rimane colpito. E’ bellissimo. Non molto alto, magro ma senza esagerazione. Ha un corpo perfetto. Una faccia un po’ da bambino innocente. Moro, occhi scuri e profondi. Intensi, nascosti dietro un paio di occhiali dalla montatura leggera. La stranezza sta nel fatto che, nonostante il suo aspetto piuttosto infantile, ha una eccessiva peluria che gli fuoriesce dai vestiti. Qualcosa gli si smuove dentro.
Raniero è un uomo che ha da poco superato i 50 anni. Alto, ben piazzato, tonico. Si tiene sempre in forma con qualche attrezzo ginnico che ha in casa. Completamente rasato e dall’aspetto molto virile. Per questo la moglie ne è stata sempre molto gelosa, ed a buon ragione, sapendo le tante conquiste che il dottore faceva ed alle quali non resisteva. Per questo erano arrivati a separarsi qualche mese prima.
Fortuna che non sapeva che, tra le conquiste, il marito ne annoverava alcune diciamo “diverse”. Non mancavano, insomma, anche alcuni giovincelli alle prime armi entusiasti di sottomettersi alle voglie intime di quell’uomo maturo ed attraente. Chissà per quale motivo, però, da quando i coniugi erano entrati in conflitto, ed ormai era più di un anno, il pover’uomo sembrava aver perduto il suo fascino. Forse la moglie gli aveva lanciato qualche maledizione, fatto sta che non era più riuscito a farsi una scopata come si deve ed era costretto ad ammazzarsi di seghe, ben sapendo, da buon psicologo, che non si può dire proprio che facessero bene al suo spirito.
“Buongiorno dottore. Posso entrare?”.
“Si, certo, accomodati e sdraiati sul divanetto. Tu ti chiami… Aurelio, vero?” e consulta gli appunti inforcando gli occhiali che gli pendono davanti con una catenella.
“Si, Aurelio”, conferma il ragazzo.
“Dunque, tu sei qui…”
“Io non ci volevo venire. Sono stati i miei ad insistere”.
“Ma non c’è niente di male a fare quattro chiacchiere con me. Non ti mangio mica!”, ben sapendo che, se avesse potuto, gli sarebbe saltato addosso e l’avrebbe aperto come una cozza. Ma, nonostante la voglia accumulata, mantiene un tono professionale e poi non era mica un animale infoiato. Almeno non lo poteva essere in quel momento.
Il ragazzo fa spallucce e si sdraia con le braccia conserte, un po’ imbronciato. Il medico gli si siede vicino e sa che deve ammorbidirlo.
“I tuoi mi hanno detto che sei un bravo ragazzo, studioso, molto appassionato di computer. E’ vero?”.
Si vede che quel argomento gli piace. Inizia a sciogliersi. “Si, mi piace molto. Sono programmatore, sa?”.
“Eh, vi invidio a voi giovani. Siete nati nell’era del web e per voi è tutto facile. Per me, invece, della vecchia generazione, è molto difficile. Tutto quel gergo nuovo. E’ tutto un mondo sconosciuto”.
“Ma non è difficile. Certo bisogna impegnarsi ed imparare tante cose. Ma, una volta imparato, si possono creare delle cose incredibili”.
“Già, ma è un mondo di fantasia. Di fatto, credo di capire che sei tra quelli che si estraniano dal mondo reale per entrare in uno come quello dei giochi, popolato di mostri e di violenza”.
“Si… anche io ci gioco, ma non tanto spesso…”. Si trattiene, come se avesse voluto dire ancora dell’altro.
“Allora, che cosa ti attrae di più?”.
“Beh, il mondo stesso dei computer. Tutti i nuovi programmi, le applicazioni. La possibilità di crearne sempre di nuove”.
“Ho capito. Sei quello che viene definito un “nerd”.
Sorride. “Si… già… un nerd”.
“Non pensi che potresti anche uscire di casa, avere degli amici, vivere una vita reale senza togliere nulla a quella che passi al computer?”.
“Beh, si, forse, ma…”
“Ma?”
“Non so. Quando sono lì non riesco più a staccarmene”.
“Sono convinto che potresti riuscirci. Si vede che sei intelligente. Pensaci su. La tua vita sarebbe più completa. Non trovi?”.
“Si, ok, ci penserò”.
“Ne parleremo al nostro prossimo incontro… Sempre se vorrai venire ancora. Magari solo per aiutarmi ad organizzare meglio il mio lavoro su questo computer che ho”.
“L’ho già notato. E’ un modello un po’ vecchio ma ci si può lavorare”.
“Ecco, vedi che puoi anche essere di aiuto a qualcun altro. Ad un vecchio come me, per esempio”.
“Ok, dottore ma anche se ha l’età dei mei non se li porta niente male”.
“Ti ringrazio. Allora alla prossima”. Allunga una mano ad agitargli un po’ i capelli, paternalmente, e si salutano.
Quella notte, il dottor Raniero non è riuscito a dormire tranquillo. La vista di quel ragazzo lo aveva eccitato in modo inaspettato. Inoltre, l’essersi dovuto trattenere per serietà professionale nel provarci era stato troppo forte. E poi, che aveva voluto dire con quel ‘anche se ha l’età dei mei non se li porta niente male’? Non è bastata una sega per rilassarsi.
Quella notte, anche Aurelio non è riuscito a dormire tranquillo. Quel dottore aveva un qualcosa di speciale che lo attraeva. Andava oltre il tentativo di un approccio amichevole, ma non sapeva spiegarsi cosa. O forse si. Non è bastata una sega per comprendere meglio.
“Oh dottore, come ha fatto? Che gli ha detto? Nostro figlio dopo il vostro incontro sembra già cambiato. No, non è che esce o incontra qualcuno, ma lascia il computer più spesso e con spirito diverso. Ne parla con noi. E’ entusiasta ed è felice di averla conosciuta. Dice che non vede l’ora di tornare da lei”.
“Ho solo fatto il mio lavoro, signora. Mi solleva sentire che sono riuscito a suscitare il suo interesse ed a confrontarsi con me. Vedrà che, col tempo, riusciremo a trasformarlo. Non dovete impedirgli di fare ciò che gli piace, ma solo di renderlo proficuo per sé e per la sua vita”.
“Si, certo. Domani sarà da lei, come da appuntamento. Lo vediamo già eccitato all’idea. Grazie ancora dottore”. Anche il dottore è eccitato, ma in senso diverso.
“Ciao Aurelio, entra pure. Ecco, siediti. Allora? Come va? Hai pensato a quello che ci siamo detti?”.
“Oh si. Adesso capisco che devo fare qualcosa, anche se non so esattamente cosa”.
“Ci arriveremo piano piano. Tua madre mi ha detto che ne hai parlato anche con loro. Bene. Già questo è un passo avanti”.
Sono seduti su due poltroncine, uno di fronte all’altro. Il colloquio va avanti quasi amichevolmente. C’è sempre la differenza di età a separarli ma assume un carattere intimo, come tra mentore ed allievo. Ma il dottore, dentro di sé, ha un’eccitazione crescente che lo porta, di tanto in tanto, a sistemarsi il pacco per una erezione inopportuna e sempre più evidente. Raniero vuol capire che cosa ha il computer da prendere così tanto l’interesse del giovane da volerlo chiudere in sé stesso. Così si dilungano a parlare della rapida evoluzione dei sistemi, dei nuovi programmi, fino ad arrivare ai giochi come passatempo e ad altro.
“Non hai amici da incontrare nella vita, ma qualcuno nel web? Frequenti qualche social network?”
“Beh… no… non proprio…”
“No o non proprio?”.
“Ho provato, per un po’, ma poi ho preferito lasciare”.
“Perché. Che cosa ti tratteneva di farti qualche amicizia, seppure virtuale?”.
“Avevo paura che poi ci saremo dovuti conoscere di persona”.
“Che c’è di male. Perché ti sei trattenuto?”
“Ecco… E’ che…”
“Dai, parlane. Non ti preoccupare. Quello che ci diciamo rimane tra noi. Sai che sono vincolato dal segreto professionale”.
Aurelio è indeciso ma poi, quasi sottovoce, si confida. “Se mi assicura che nessuno verrà a saperlo… Io… Io sento un certo interesse per gli uomini… Non ne sono sicuro, ma questo mi fa paura. Non so che fare, che pensare”.
A Raniero non sembra vero quello gli ha detto il ragazzo, ma sa che, per serietà professionale, non ne può approfittare. Deve andarci cauto.
“Sappi che non c’è niente di male nel desiderare di avere rapporti intimi con altri dello stesso sesso, naturalmente in maniera consensuale. Su questo puoi stare tranquillo. Certo non è facile farlo accettare dalle persone che ci sono vicine come, per esempio, i tuoi genitori. Credo di capire che sono all’antica. Immagino che sia piuttosto questo che ti confonde”.
“Già, si, certo. E’ proprio questo il problema”.
“Ci sono io qui che posso risolvertelo”. In tutti i sensi, pensava. “Ho una soluzione per questo. La cosa importante è che tu sia certo se non altro di provare a relazionarti con altri ragazzi, poi potrai vedere più chiaro dentro di te e prendere una decisione”.
“Si, ha ragione, dottore ma cosa dovrei fare? Dovrei cercare qualcuno interessato a me sui social? E poi, non sono i ragazzi come me che mi attraggono, sono gli uomini maturi. Quelli dalla virilità evidente. Quando mi tiro una sega mi immagino di essere tra le braccia forti di un maschio vero che mi… che mi scopa duramente, come un animale... Mi piacciono gli uomini come lei”. Il ragazzo lo guarda, col viso arrossato dalla vergogna ma deciso a dirla tutta.
Il cazzo di Raniero ha un sobbalzo e si intosta immediatamente nei pantaloni. Quelle parole fanno crollare in lui quell’ultima barriera che li divide, quella professionale. Si alza dalla sedia e gli si avvicina. Gli accarezza una guancia, la tempia e le dita si perdono nei capelli.
“Dici davvero? Sei convinto di quello che hai detto?”. Il ragazzo annuisce. Allora si abbassa a sfiorargli le labbra con le sue. Un brivido percorre i loro corpi. Ognuno ha la certezza del desiderio reciproco. Le bocche si schiudono, le lingue si intrecciano, le salive si fondono.
La mano del giovane si appoggia alla protuberanza evidente dell’uomo. Questo lo afferra per il mento e affonda la grossa lingua fino alla gola, prepotentemente. Il bacio è lungo e non vorrebbero farlo finire mai, ma l’erezione fa male e il giovane lo capisce. Inoltre vuole andare oltre. Le labbra lentamente si lasciano. Un filo di saliva le congiunge per un po’ prima di rompersi. Il giovane ha la patta gonfia del dottore davanti agli occhi. Allunga le mani e tira giù la lampo, mentre l’uomo si slaccia la cintura. I pantaloni scendono ai piedi. Le mutande vengono rapidamente abbassate dal desiderio incontrollabile del ragazzo che finalmente si trova il cazzo duro e svettante di un uomo davanti a sé, di un maschio da sogno. Sa quello che deve fare e che vuole.
Non può resistere, non vuole resistere e la bocca si riempie di quella grossa cappella profumata di sesso. Due o tre succhiate, due o tre giravolte di lingua attorno. Poi, un attimo di lucidità.
“Oddio. Potrebbe entrare la sua segretaria”.
“No, non ti preoccupare. Sa che non può mai disturbare durante una sessione di analisi. Non verrà nessuno. Continua. Sei così bravo”.
Rinfrancato dalla risposta e caricato dal complimento, si rimette a spompinare quella gustosa mazza. La prima della sua vita. Il dottore geme, si contorce, abbassa la testa e si eccita sempre più ad ammirare il suo grosso cazzo espulso e risucchiato con passione nella bocca e tra le labbra di quel ragazzo, dal volto così innocente, sotto gli occhiali da nerd, eppure così troia. Non c’è niente di più eccitante per un uomo.
Di tanto in tanto, senza interrompere il lussurioso lavorìo, il giovane alza lo sguardo per cercare di capire se quanto stava facendo era gradito e quali cose facevano più effetto. La lingua attorno oppure picchiettata sul buchino, la succhiata più o meno forte, l’affondo in gola o il suegiù viscido di saliva. Non c’è niente di più eccitante per una troietta in erba.
L’uomo non vuole costringerlo e gli appoggia le mani sulle spalle ma, a volte, non resiste e gli afferra la testa o lo prende per la nuca per accompagnarlo nei movimenti o per forzarglielo in fondo alla gola fino a soffocarlo. Ma è un attimo. Ritorna in sé e lo libera continuando a grugnire come un maiale. Il ragazzo allunga una mano verso il petto villoso del maschio, che risponde con un fremito diverso, più forte. E’ convinto che di lì a poco potrà gustare il sapore della crema che ribolle nella sacca pelosa dei coglioni. Aumenta i risucchi e si prepara ad ingoiare tutto.
Non è così. La nerchia, rigida, venosa e lucida di saliva, gli è tolta di colpo. Rimane a bocca aperta, con le labbra umide socchiuse. E’ deluso. E’ evidente dalla sua espressione.
“Scusami, cucciolo. Non voglio venire così. La sborra te la farò assaggiare un’altra volta. Adesso voglio il tuo culo. Voglio rompertelo e sfondartelo. Voglio fotterti e toglierti quella verginità incoerente con la tua natura. Perché tu sei troia, non c’è dubbio. Girati e dammelo. Subito”. La voce è imperiosa, da uomo che sà quello che vuole.
Aurelio obbedisce immediatamente, appoggiandosi alla scrivania. Anche se lo desidera ardentemente, per un attimo ha paura del dolore che proverà. Quell’ariete è così grosso! Ma un ordine non si discute e si lascia andare all’idea che quel momento sarebbe prima o poi arrivato. Conviene affrontarlo con dignità, se di dignità si può parlare dovendolo prendere in culo. Ma quello è proprio il maschio che desiderava, a cui sottomettersi senza opporre resistenza. Non se ne rese conto, ma furono proprio questi pensieri che gli fecero rilassare il buco, che prese a boccheggiare dalla voglia. Bastarono un paio di sputi e la cappella paonazza poggiata all’ingresso fino ad allora mai violato, ed il cazzone si immerse nel suo corpo, scivolando lentamente fino in fondo (o almeno così sembrava). Incredibile. Se ne meravigliò. Non sentì dolore.
Pian piano cominciò a danzargli dentro: a destra, a sinistra, in alto, in basso, dritto in fondo. Sempre più forte. Sempre più duramente. I grugniti del dottore facevano da corollario ai suoi lamenti sempre più forti tanto che, quando le spinte si fecero più feroci, una grossa mano dovette tappargli la bocca. Furono minuti di immenso piacere per tutti e due. Un paio di affondi finirono di squarciarlo e sentì la lava calda che gli veniva pompata dentro, che gli allagava gli intestini. Quasi svenne dal piacere stretto tra le forti braccia dell’uomo che lo stritolavano negli ultimi spasmi dell’orgasmo.
Non c’è nulla di più eccitante per un uomo di perdersi e godere dentro un buco giovane appena rotto. Non c’è nulla di più eccitante per un ragazzo di far godere dentro di sé un maschio maturo.
Rimasero immobili per un po’, l’uno ascoltando il cuore dell’altro che pian piano riprendeva il ritmo normale. Il cazzo, ormai floscio, venne sfilato dal ventre, lordo di secrezioni ed umori diversi. Venne prontamente pulito con alcuni fazzolettini di carta che provvidero anche ad assorbire il rivolo biancastro che fuoriusciva dal buco spanato. Uno gli fu ficcato dentro per trattenere quello rimasto, affinché non gli bagnasse i pantaloni. Aurelio volle comunque accosciarsi ai piedi del maschio per finire di ripulirglielo con la lingua, nella speranza di assaggiarne almeno una goccia e fu accontentato.
“Grazie dottore. Il nostro Aurelio sembra guarito. Non vive di solo computer. Esce spesso il pomeriggio ed è sempre allegro. Pensiamo che abbia anche una ragazza, ma non ne siamo certi”.
“Frequenta una comitiva di bravi giovani e poi viene spesso da lei per darle consigli sull’uso del computer, a quanto ci dice”.
“Si è così, signora. E le devo dire che mi è molto utile. Quasi quasi lo dovrò assumere come tecnico. Vi posso comunque assicurare che non ha tendenze particolari. E’ troppo peloso e si capisce subito che uno così non può averne”. E nella sua testa gli passava l’immagine di quelle morbide chiappette coperte di peluria mentre gliele allargava a colpi di cazzo.
Aurelio si era dimostrato subito una troia affamata. Tra loro l’amore c’era solo mentre scopavano, ed era amore vero. Davano tutto sé stessi in quei momenti. Lui nel possederlo con forza ed il giovane nel riceverlo sottomesso. Ma, quando finivano, sentiva che il ragazzo aveva voglia e bisogno di altre esperienze. Era troia fin nel midollo e si sarebbe presto trasformato in una vera puttana disposta a dare il culo a tutti i maschi che avevano voglia di scaricarsi le palle. E lo psicologo desiderava ardentemente assistere e partecipare a gang-bang per vederlo quale unico soggetto passivo di un manipolo di satiri affamati.
“Per ora, consiglio di proseguire con le sedute personali. Più avanti passeremo alla terapia di gruppo”.
“Grazie dottore”.
(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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